[CHI LEGGEREBBE UN RACCONTO TANTO BREVE?]

Il racconto era brevissimo, era quasi un sospiro di farfalla tant’era fugace, perciò avvertimmo quelli che passavano per la Rua Torta che non s’illudessero, non s’aspettassero il più clamoroso degli eventi creativi. Flaubert, ancora col turbante, conversava sulla porta della barbieria con Coelho Neto, e Rimbaud, in bicicletta, mostrava la lingua a Dona Ordália, la Santa. La Rua Torta era la via del cinema o la via del ballo o la via del circo, a seconda dell’ora.

Avvertiti che il racconto era brevissimo, i passanti e gli erranti e i transitanti potevano lasciare le illusioni dentro le borse. Si era solo in dubbio circa il lettore del racconto. Chi sarebbe stato? Chi avrebbe potuto leggere un così lieve e inconsistente testo di due righe, a dir tanto? Onofre, da sempre lettore ad alta voce fin da quando era chierichetto, s’era trasferito a San Paolo. Jardel, anticomunista arrabbiato, aveva ottenuto un posto di osservatore di nuvole a Brasilia. E l’Antonio? Antonio era un caso perduto.

Il racconto brevissimo brillava nel chiarore del mattino. Tra un discorso e l’altro, l’alcalde della via, Tomás, ebbe l’dea di portare un altoparlante di quelli usati nei bazar turchi. José Taranto, che si faceva passare per magistrato, portò una cassetta di mele. C’era una caterva di cani nella via a quell’ora. Fioriere alle finestre sprigionavano in certe case il pericoloso odore del peccato. L’ex governatore si grattava la verruca. E noi, gli autori del racconto brevissimo, tendevamo cordoni lungo la via, come se fossero fili del telegrafo.

Le dieci del mattino e niente. Mezzogiorno e niente. Le due del pomeriggio e niente. Chi avrebbe letto il racconto brevissimo per far sì che le novelle non si svalutassero come sementi camolate? Chi sarebbe stato il lettore di quelle briciole di parole, parolone e parolacce? Quando il carillon di Dom Acácio, il poliglotta, suonò le quattro del pomeriggio, ebbe inizio un tumulto nella Rua Oblíqua, parallela alla Rua Torta. Da una parte avanzava la marcia delle Signore Griffate, dall’altra la marcia delle Signore Siliconate. Lì al numero 44, i due cortei marcianti si affrontarono. Ci fu uno scontro a fuoco di improperi. Sottovesti furono strappate. Bisturi vedovanti furono gettati alla polvere.

Carlo Emilio Gadda, che chiacchierava con Flaubert già sulla porta della Cantina, decise di leggere il racconto brevissimo. Gadda, nonostante lo stile tortuoso, era gradito alle fazioni discordanti. Si fece silenzio. I cani s’ammucchiarono con i sensi all’erta sui marciapiedi. In lontananza, un mercantile emise con impeto il suo fischio. Farfalle gioiose sospesero i loro voli di tardo meriggio. 

Aspettavano. Gadda, allora, col minuscolo foglietto manoscritto nelle mani grassocce, si schiarì la voce. Cominciava la lettura. Silenzio. Pausa. Il mondo ora estatico, il mondo ora statico. E allora esplose la bomba atomica.

(traduzione di Manuela Colombo)

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